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Antonio Fraddosio. Le tute e l’acciaio

Data: da 01/11/18 a 05/05/19

Orario

Dal 1° novembre 2018 al 3 marzo 2019 - La mostra è stata prorogata fino al 5 maggio 2019
da martedì a domenica ore 10.00 - 18.30
L’ingresso è consentito fino a mezz’ora prima dell’orario di chiusura

N.B. per eventuali aperture e/o chiusure straordinarie consultare la pagina dedicata agli Avvisi

Ospitato in

Indirizzi

Indirizzo: Via Francesco Crispi, 24
Zona: Rione Campo Marzio (P.Spagna-P.Popolo-Pincio) (Roma centro)
Ingresso disabili: Via Zucchelli, 7
Zona: Rione Colonna (Pantheon-Montecitorio-Barberini) (Roma centro)
E’ necessario richiedere l’apertura dell’accesso disabili, citofonando in via Crispi, 24 oppure telefonando ai numeri della Galleria: 06 4742848; 06 4742909

Informazioni

Intero: € 7,50 - ridotto: € 6,50
Per i cittadini residenti nel territorio di Roma Capitale (mediante esibizione di valido documento che attesti la residenza):
intero: € 6,50 - ridotto: € 5,50

Ingresso gratuito per i residenti a Roma e nell'area della Città Metropolitana nella prima domenica di ogni mese

Gratuità e riduzioni

La MIC card è acquistabile nei musei e online all’indirizzo miccard.museiincomuneroma.it

Convenzioni

Tel 060608 (tutti i giorni 9:00 - 19:00)

Contatti

Telefono: 060608 (tutti i giorni dalle 9.00 alle 19.00)

Descrizione

Un’installazione etica, un monumento antiretorico dedicato agli operai dell’Ilva e alla città di Taranto.

Con il nuovo site specific dello scultore Antonio Fraddosio, l’arte affronta la realtà e in particolare la vicenda drammatica dell’Ilva di Taranto; una denuncia universale contro tutte le situazioni in cui il diritto al lavoro si guadagna dando in cambio la propria salute, la propria vita.

Confrontandosi con i particolari spazi del chiostro-giardino della Galleria d’Arte Moderna, Antonio Fraddosio espone dieci grandi lamiere lacerate e contorte, potenti e misteriose, che richiamano le tute che dovrebbero proteggere gli operai dell’Ilva dai tumori, depositate, al termine del turno di lavoro e prima di andare alle docce, in una specie di camera di compensazione.

La netta presa di posizione di Fraddosio è anche quella di un uomo del sud, per di più pugliese di nascita, che ha visto con i propri occhi, tante volte nel corso degli anni, l’impressionante trasformazione di Taranto causata dall’impianto siderurgico dell’Ilva, il più grande d’Europa.

Come scrive Gabriele Simongini, in catalogo, in questi sudari di ferro resta l’impronta di corpi umani sofferenti, c’è il senso della morte e della distruzione ma sopravvive una sorta di speranza affidata all’arte, alle sue possibilità catartiche. Nelle lamiere, ciascuna diversa dall’altra, affiorano spesso i colori velenosi, mortali ispirati al manto di ruggine, alla polvere pesante, rossastra, dalle sfumature marroni e nere, che avvolge e soffoca la città colpendo soprattutto il rione Tamburi, a ridosso dell’Ilva.    

Antonio Fraddosio (Barletta, 1951) vive e lavora tra Roma e Tuscania. Fra le sue numerose mostre si segnalano le più recenti: nel 2012 le personali nelle sale di Villa Bottini a Lucca e nello Spazio Cerere a Roma; nel 2016 “Salvarsi dal naufragio. Antonio Fraddosio/Claudio Marini” presentata al Museo Carlo Bilotti - Aranciera di Villa Borghese di Roma. Nel 2011 è stato invitato nel Padiglione Italia della Biennale di Venezia, con la “Bandiera nera nella gabbia sospesa” esposta all’Arsenale.

Nel periodo di esposizione del site specific alla GAM previsti eventi di danza, readings e incontri.

Parole chiave

Data di ultima verifica: 28/11/18 09:31