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Data: 03/09/22

Descrizione

Il professore, di Marco Ferreri episodio di Controsesso (1964, 29’) Sceneggiato dal regista insieme a Rafael Azcona, Il professore è un capolavoro di psicopatologia e di umorismo nero, disturbante, perché ribalta la struttura tranquillizzante a episodi della commedia all’italiana degli anni Sessanta: un docente di mezza età (Ugo Tognazzi), che, per sorvegliare le studentesse, installa un gabinetto in classe diventando con ciò preda dei più vistosi turbamenti, era qualcosa d’impensabile per quei tempi. L’insegnante inoltre è un nostalgico del fascismo e le studentesse, come erroneamente si potrebbe pensare, non sono (quasi) mai belle: con quelle divise tutte uguali emanano ordine sociale ma nessun desiderio erotico, sembrano l’emanazione diretta delle istituzioni italiane infarcite ancora di eredità fascista. Lo stesso docente appare più una vittima che un mostro, preda di un voyeurismo soprattutto uditivo che è un ossimoro e che non trova mai un compimento sessuale. La modernità di Ferreri è anche quella di realizzare lunghe sequenze dominate dagli oggetti, preannunciando le tesi di Mario Perniola de Il sex-appeal dell’inorganico. Come ha scritto giustamente Emiliano Morreale: «l’alienazione di Antonioni diventa feticismo, la tragedia diventa grottesco, ma il sorriso si gela sulle labbra». E Tognazzi si conferma l’attore più sperimentale del cinema italiano. a seguire La donna scimmia di Marco Ferreri (1964, 116’) Un uomo (Tognazzi) e una donna (Girardot). Lei ha il corpo coperto di peli, lui la esibisce come freak nei baracconi e nelle piazze. Poi lei resta incinta. Parabola crudele, e a tratti perversamente tenera, sullo sfruttamento come fondamento delle relazioni umane. Il finale ebbe diverse varianti a seconda dell’edizione. Maria muore di parto poco dopo il bambino: i due cadaveri vengono imbalsamati ed esposti in un museo, ma Antonio, reclamati i corpi, decide di esporli in un baraccone da fiera: questo nell’explicit previsto (girato e montato) da Ferreri. Secondo il proposito del produttore Ponti, il film doveva invece fermarsi sulla morte (sacrificale) di madre e bambino. Un diverso epilogo conobbe la versione francese: la donna-scimmia perde i peli durante la gravidanza e dà alla luce un bambino normalmente glabro, condannando il marito a un lavoro onesto. Il restauro della Cineteca di Bologna e TF1 Studio in collaborazione con Surf Film presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata (Bologna, Parigi) ha recuperato e presenta i tre diversi finali. «A Cannes fischiarono, urlarono, perché ai francesi Annie Girardot pelosa non piaceva, la trovavano di cattivo gusto. [...] Quando è uscito si diceva che era mal fatto. Che vuol dire che era mal fatto? È un dramma? È una commedia? Mah. Io non faccio distinzioni tra i generi: si ride, ci sono drammi che diventano commedie, commedie che diventano drammi» (Ferreri). «II film fece abbastanza rumore all’epoca in cui uscì [...], ma non fu capito. Se qualcuno lo rivedesse oggi, lo troverebbe non solo normale, ma in più vi vedrebbe una piccola storia poetica senza alcuna traccia di scandalo» (Tognazzi).

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