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Data: 17/05/17

Descrizione

Ennio De Concini. Storie di un italiano Il Centro Sperimentale di Cinematografia ha appena editato, nella sua collana Quaderni della Cineteca Nazionale, un volume importante che ci permette di riparlare e di ristudiare una figura importante e fondamentale nel cinema: Ennio De Concini, uno dei padri della sceneggiatura cinematografica e non solo. Scrive Christian Uva, il curatore del libro Ennio De Concini. Storie di un italiano: «Il progetto di questo volume nasce in occasione della generosa donazione di una cospicua mole di materiali riguardanti Ennio De Concini effettuata nel 2012 da Ninni e Corrado Concini, rispettivamente moglie e figlio del grande sceneggiatore, a favore della Biblioteca “Luigi Chiarini” del Centro Sperimentale di Cinematografia. Si tratta di ben 208 tra sceneggiature, soggetti, trattamenti, idee, copioni teatrali, monografie, volumi di rassegna stampa, pressbook e cartelle di corrispondenza, a cui si aggiungono testimonianze documentarie inerenti anche alla sua carriera di scrittore, giornalista, docente del Centro Sperimentale di Cinematografia, una collezione di fascicoli di riviste italiane e straniere, soprattutto edite nei paesi dell’Est europeo, e un ristretto numero di libri. Attraverso il lavoro di scavo e analisi all’interno di un materiale così ampio ed eterogeneo, al quale andrebbero idealmente aggiunti i tanti testi di opere edite e inedite eliminati dallo stesso De Concini o andati smarriti nel tempo, si è cercato con questo libro di restituire la poliedricità di un uomo di cinema “suo malgrado”. Già, perché Ennio De Concini non ha mai fatto segreto di essere diventato uno sceneggiatore – seppure uno tra i più significativi all’interno del panorama cinematografico e televisivo italiano – come ripiego all’indomani del naufragio del suo sogno di gioventù di diventare un “vero” scrittore. […] De Concini del resto non è stato solo sceneggiatore ma anche giornalista, commediografo e scrittore. […] È in tale luce che si vuole ripercorrere la feconda carriera di De Concini: un unico suadente orizzonte in cui generi, stili, modelli culturali, lungi dal costituire compartimenti stagni, risultano letteralmente (ma in senso nobile) luoghi comuni di circolazione delle idee innervati senza sosta da una smisurata creatività». Daniele e Maria di Ennio De Concini (1972, 98’) Daniele, diciottenne subnormale, figlio di un ricco uomo politico, preoccupato soltanto delle apparenze, vive un’esistenza appartata e senza amici, con l’unico conforto della musica. Curato quotidianamente da uno psichiatra – ma dalle sue cure non sembra trarre molto giovamento – il ragazzo incontra, un giorno, la sedicenne Maria, figlia della cameriera di casa. Con semplicità ed immediatezza, la giovane spezza, un poco per volta, la corazza di diffidenza in cui – terrorizzato dalla gente e dal mondo esterno – Daniele si è chiuso. Tra i due ragazzi nasce un’amicizia, che non tarda a trasformarsi in un autentico rapporto d’amore. Nel loro casto idillio, però, si intromettono gli adulti. Tra gli interpreti, Gabriella Boccardo, Peter Firth, Angela Goodwin. Soggetto e sceneggiatura: Ennio De Concini, Maria Pia Fusco, Dana Wilson. Fotografia: Ennio Guarnieri. Musica: Nicola Piovani. A SEGUIRE Incontro moderato da Vito Zagarrio con Christian Uva, Franco Brogi Taviani, Francesco Massaro. Nel corso dell’incontro verrà presentato il volume, a cura di Christian Uva, Ennio De Concini. Storie di un italiano (Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia, Iacobelli Editore, 2017). A SEGUIRE Un fallito di successo. Incontro con Ennio De Concini di Franco Brogi Taviani (2002, 50’) Ritratto a cura di Callisto Cosulich per la serie Archivi della Memoria - Ritratti italiani, prodotta dal Csc. «Ennio De Concini, fin dalla prima domanda, ha affrontato il racconto di sé con la più intransigente determinazione a rovesciare qualsiasi forma di autocelebrazione e per questo ha farcito il suo narrare di ogni possibile riduttivo; e in misura tanto maggiore quanto più si faceva palese il giganteggiare del successo di tutta la sua opera di scrittore di cinema. Un successo vissuto quasi con fastidio, irritazione […] Nessun successo nel mondo del cinema – beato lui, pensavo con invidia – ha potuto, può o potrà mai risarcire la sua grande delusione: quella di non essere riuscito a scrivere, ispirato, un solo verso come “dolce color di oriental zaffiro”» (Brogi Taviani).

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