060608


Roma Capitale
Zètema Progetto Cultura
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Date: from 2017-07-06 to 2017-08-08

Opening times

Martedì, giovedì e sabato dalle ore 21.15 (alle 20.00 apertura del botteghino). Gli orari e le date sono suscettibili di variazioni

Held in

Address

Address: Piazza di Sant'Alessio
Zone: Rione Ripa (Circo Massimo-Bocca Verità-Aventino) (Roma centro)

Information

Biglietto € 15,00
Biglietto Ridotto € 13,00

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Description

Parabola, l’unica che mi sia veramente cara, fu definita da Pirandello la vicenda drammatica tratta dalla sua novella La signora Frola e il signor Ponza, suo genero, proprio per l’insegnamento morale che essa suggerisce: la storia dell’una (la signora Frola) che dice viva la propria figlia creduta morta dal genero e a lui ridata in moglie, ma come fosse un’altra donna, è altrettanto vera quanto la storia dell’altro (il signor Ponza) che afferma sia pazza la suocera, la quale ritiene viva la figlia, mentre è morta da quattro anni e quella che ha con sé è la sua seconda moglie.
La stanza della tortura, stavolta, è un salotto provinciale col suo brulicare di conformisti impiegati di prefettura e di signore irragionevoli e benpensanti. Tutti si muovono come marionette e si dilaniano in una innaturale ricerca della verità. Si fanno indagini, ma non esiste né il certificato di morte della figlia della signora Frola, né tantomeno quello di un secondo matrimonio del Ponza. La situazione potrebbe essere chiarita solo dalla diretta interessata: la signora Ponza. Chiamata, la donna rende la situazione ancora più complicata, dichiarando di essere sia la moglie del Ponza, sia la figlia della signora Frola.
- Ah, no, per sé, lei, signora: sarà l’una o l’altra!
- Nossignori. Per me, io sono colei che mi si crede.
È una parabola. Commedia limite in ogni senso, delle opere di Pirandello è la più meccanica e crudele, perché la più nitida e coerente, la meno persuasiva e la più sincera. Non è gran filosofia affermare che siamo come gli altri ci vedono, ma non per questo si può stare quieti a pensare che c’è uno che si affanna a persuadere gli altri che noi siamo come ci vede lui. È un capolavoro non per il dettato filosofico, ma perché anticipa, meglio, forse, di Sei personaggi, il nuovo teatro.
Bianco e nero e un pizzico di viola! Tutti uguali: grigie le signore, neri gli uomini, per un giuoco tra marionette futuriste e personaggi antichi. La verità, trasparente sul finale perché illuminata in controluce dall’uomo del Kaos, sta in casa di un limbo che ospita attori e personaggi.
E’ un palcoscenico totale, un arsenale delle apparizioni in cui si dipanano i momenti intensi di un Novecento teatrale alla base della drammaturgia contemporanea. In uno spazio elementare è collocato il racconto teatrale. Si presenta in viola colui che rasserena il pubblico. È un supremo inquisitore che mette sotto scacco sia gli attori, sia gli spettatori anche dopo l’uscita dal teatro, abile nel togliere ogni sostegno al giudizio, per modo che non si possa più distinguere tra fantasma e realtà. Il problema della solitudine umana, dell’incomunicabilità, della verità, quella da ciascuno di noi creduta in un dato momento e in determinate circostanze, la liquidazione del principio di identità, l’angoscia dell’essere sempre differenti da sé stessi, sono disseminate ovunque. La messinscena offre lo spunto per qualche risoluzione: nelle linee futuriste dei costumi, nelle note di un pianoforte come in quelle di una musica primordiale e nella scenografia disegnata per accogliere una stanza dove si inizia a giuocare con il guscio dell’uovo. Del più violento paradigma teatrale che sia mai stato ideato sul tipico contegno borghese, apparentemente legato ad una insana e farneticante curiosità perbenista, non sono sfuggite né la molla che scatena il dramma, né quella sorda, repressa, esistenziale strana passione.
La regia, perciò, si è collocata tra i personaggi e il dramma che urge in loro, ne ha esposto il delirante narcisismo logico, ha scomposto volumi e colori, ha risolto il giuoco tra le maglie di un cubismo e la suggestione delle gelide geometrie di un teorema, ha giustificato la lucidità implacabile dei contenuti con una scenografia torturante. Stilizzati, espressione di certi anni, i costumi.
In tutta la messinscena l’umorismo è stato assunto come strumento critico ed elemento aggregante, attraverso il quale i misteri dell’anima e lo struggente teorema del testo si ricollegano per vie sotterranee al siciliano Gorgia da Leontini, e preannunciano le inquietanti suggestioni del dottor Freud.
Con Marcello Amici
Antonio Anzaldi
Giorgia Battistoni
Chiara Caroletti
Lorenzo d'Agata
Davide De Angelis
Fabio de Horatiis
Francesca Di Meglio
Lucilla di Pasquale
Eleonora Liuti
Tiziana Narciso
Umberto Quadraroli
Anna Varlese
Marco Vincenzetti
Regia di Marcello Amici