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Date: 2017-05-08

Description

Non c’è pace tra gli ulivi di Giuseppe De Santis (1950, 103’) «Il pastore Francesco Dominici, tornato dalla guerra, cerca invano lavoro nella sua terra segnata dagli eventi bellici. Una notte, per vendicarsi di un furto di pecore subito dalla sua famiglia e perpetrato dal losco Agostino Bonfiglio, arricchitosi con la borsa nera e l’usura, va a riprendersi le sue pecore con l’aiuto della sua innamorata Lucia e della sorella Maria Grazia, ma viene denunciato e arrestato» (Marco Grossi). «Ogni inquadratura sarebbe da citare, per mettere in rilievo la scultoreità delle pose, il bloccaggio degli sguardi, la composizione in profondità di campo e in diagonali che correlano i personaggi fra loro, la figurazione in contrasti estremi fra bianchi e neri. Se ne potrebbe dedurre un’impressione di staticità complessiva; essa è tuttavia animata, anzi musicalmente ritmata sia dagli stacchi di montaggio, che sono sistematicamente oppositivi, anche se non necessariamente dissonanti, sia dai movimenti di macchina, sempre tesi non ad accompagnare un’azione ma, visibili come sono, a “coreografarla”. […] Tutto questo rende difficile se non impossibile parlare di neorealismo, anche se alcuni referenti di cui il film di De Santis è debitore vengono ascritti a tale scuola: La terra trema (1948) di Luchino Visconti e In nome della legge (1949) di Pietro Germi; ma, appunto, sono film come questi a farci capire che sotto l’etichetta neorealista si celano - accomunate certo da analoghi propositi di denuncia sociale - le più contrastanti tendenze formali. Ma De Santis guarda oltre frontiera: a Orson Welles (al quale potrebbe ascriversi l’uso anomalo della voice over), al messicano Emilio Fernàndez (all’epoca assai considerato in Italia, e maestro dei contrasti bianco-neri col suo direttore della fotografia Gabriel Figueroa, al quale non è escluso che Piero Portalupi si sia ispirato per le luci di questo film), nonché ai sovietici più formalisti, non solo Sergej Ejzenštejn […] ma anche a registi come Grigorij Aleksandrov. E presumibilmente il didattismo esibito di Non c’è pace tra gli ulivi deve molto a questi ultimi» (Aprà). .    

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