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Date: 2021-05-15

Description

Ballerine Regia Gustav Machatý / Soggetto il romanzo “Fanny ballerina della Scala” (1935) di Giuseppe Adami /  Sceneggiatura Albrecht Joseph, Rudolph Joseph, Leo Bomba /  Fotografia Václav Vich /  Montaggio Vincenzo Sorelli / Musica Annibale Bizzelli (canzone “Il mio paradiso” di Carlo Innocenzi). Interpreti e personaggi Silvana Jachino (Fanny), Olivia Fried (Piera), Laura Nucci (Sandri), Maria Denis (Gina), Maria Ray (la signora Alexa), Antonio Centa (Mario Verandi), Livio Pavanelli (l’industriale Micropoulos), Carlo Fontana (Palesi), Giorgio Bianchi (il pianista), Gino Viotti (il maestro Ronchetti), Fausto Guerzoni (Prandi), Gustav Hrdlicka (il truccatore), Nicola Maldacea (l’agente teatrale), Nino Marchetti (il direttore di scena). Aiuto regista Giorgio Bianchi. Assistenti alla regia Alberto Mondadori, Mario Monicelli. Scene Enrico Verdozzi, Virgilio Marchi, [Nino Maccarones]. Costumi John Guida. Coreografie signorina Sartorio. Fonici Boris Muller, Paolo Uccello. Operatore  Giuseppe La Torre.  Costruzioni Savino Fino. Ispettore di produzione L. Bomba. Direttore di produzione G.V. Sampieri. Produzione A.F.I. Distribuzione ENIC. Origine Italia, 1936. Durata 77’. Formato immagine 1,37:1. Stabilimenti Tirrenia. Festival in concorso? alla Mostra del Cinema di Venezia 1936. Titolo provvisorio Fanny, ballerina della Scala. Note Originariamente il ruolo della protagonista doveva essere interpretato da Irina Lucacevich, scomparsa tragicamente a causa di un incidente stradale pochi giorni prima l’inizio delle riprese. Ballerine è un film di considerevoli paradossi. Appartiene a un corpus la cui principale caratteristica è di riunire casi unici: i film realizzati da cineasti stranieri in Italia nel corso degli anni Trenta. Esito dell'opera di un cineasta desideroso di imprimere il proprio tocco su ciascuna produzione, ma che sconfessò questo esito. Fu un'impresa concepita per superare i confini nazionali e circolare sui mercati e nella stima estera, che a malapena sortì dal ristretto circuito della propria prima alla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia. Ballerine rappresenta l'unico lavoro diretto in Italia dal regista ceco Gustav Machatý (1901-1963). A dispetto della giovane età, il cineasta praghese vantava già numerose esperienze: al termine degli anni Dieci aveva collaborato con piccole case di produzione praghesi, e al principio degli anni Venti ne aveva fondato una propria, la GEEM Film, per la quale aveva scritto il soggetto e interpretato Dáma s málou nožkou (La signora dal piedino, P. Pražský/J.S. Kolár, 1921), nel quale appariva per la prima volta una futura stella del cinema centroeuropeo: Annie Ondráková, meglio nota con il nome di Anny Ondra e per il ruolo di protagonista in Blackmail (Ricatto, A. Hitchcock, 1930).  Machatý ambiva a più vasti confini, e nella prima metà degli anni Venti emigrò per alcuni anni a Hollywood. Le notizie su questo soggiorno, conclusosi nel 1924, sono vaghe. Rientrato in patria, Machatý realizzò i lavori destinati a dargli una fama europea: Kreutzerova sonáta (Sonata a Kreutzer, 1927), Erotikon (Seduzione, 1929) e, su tutti, Extáse (Estasi, 1933). Accanto a essi, opere meno celebri, quali i film comici Švejk v civilu (Švejk  in borghese, 1927) e Načeradec král kibiců (Načeradec re degli impiccioni, 1932), e la commedia romantica Ze soboty na neděli (Dal sabato alla domenica, 1931). È verosimile che Estasi sia la principale ragione della presenza di Machatý in Italia, due anni dopo la prima veneziana della pellicola. Il film ebbe infatti un succès de scandale al momento della proiezione al festival, motivato dal nudo dell'attrice austriaca Hedy Kiesler, destinata a una carriera hollywoodiana come Hedy Lamarr. Inoltre, alcune scene scabrose nella rappresentazione della vicenda di una giovane donna insoddisfatta dell'anziano e arcigno consorte, e pronta a riscoprire la propria femminilità a contatto con la natura e un giovane ingegnere, attirarono l'attenzione su Estasi. Il film ottenne un premio alla seconda Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, insieme al resto della produzione cecoslovacca; e incappò in una serie di divieti censori in Europa, che contribuì a propagare la notorietà del suo artefice. Il coinvolgimento di Machatý nell'avventura italiana è motivato dall'intenzione di promuovere gli sforzi dell'industria cinematografica italiana e dello Stato fascista. Per esempio, in quegli anni giungono per lavorare in Italia Walter Ruttmann e Max Ophüls. Un ruolo particolare nella attrazione di competenze artistiche europee spettò agli stabilimenti cinematografici di Pisorno, concepiti dal drammaturgo e regista Giovacchino Forzano e aperti nel 1935 a Tirrenia, tra Pisa e Livorno. Forzano si giovava dell'amicizia personale di Mussolini, e godeva di ampia copertura politica; inoltre, fino all'apertura di Cinecittà (1937) gli stabilimenti di Pisorno erano i più moderni in Italia. L'attività di Pisorno nelle intenzioni era indirizzata ai mercati nazionale ed estero. Vi diressero film, tra gli altri, Abel Gance, con Le Voleur de femmes/Ladro di donne (1936), Jean Epstein, con Coeur de gueux/Cuor di vagabondo (1936), e Luis Trenker, con Der Kaiser von Kalifornien (1936). Nel 1935, tra la realizzazione del suo film austriaco Nocturno (1934) e la produzione di Ballerine,  Machatý visitò gli stabilimenti di Pisorno, presumibilmente per definire il futuro progetto di regia. Ballerine nacque come tentativo di esaltare la tradizione culturale italiana attraverso uno stile europeo, contrapponendo l'una e l'altro alla meccanizzazione e mercificazione della società americana. Il soggetto del film è tratto da Fanny, ballerina della Scala (1933), romanzo firmato da Giuseppe Adami, giornalista, scrittore e librettista. In particolar modo, Adami aveva firmato più libretti per Giacomo Puccini, tra i quali Turandot (1926). Il romanzo è ambientato nel mondo del teatro lirico e del balletto, luogo emblematico della cultura italiana; e la sua vicenda oppone i valori superiori dell'arte pura al giornalismo, rappresentato dal fidanzato della ballerina, tentato dall'avventura americana. Inoltre, Ballerine ambiva a promuovere nuovi volti e professionalità: i panni del fidanzato Mario erano vestiti dal giovane Antonio Centa, chiamato al ruolo di comprimario anche in Squadrone bianco (A. Genina, 1936); mentre la parte di Fanny veniva affidata a Silvana Jachino, dopo la tragica scomparsa in un incidente automobilistico di Irina Lukačevič, che avrebbe dovuto incarnare la ballerina. Sul set facevano il proprio esordio professionale anche Alberto Mondadori e Mario Monicelli: vincitori di un concorso cinematografico indetto dai Gruppi Universitari Fascisti, i futuri editore e regista avevano ottenuto in premio di partecipare alla produzione del film diretto dall'allora celebre cineasta praghese. La lavorazione del film sembra essere stata particolarmente burrascosa, almeno nelle memorie dei partecipanti italiani. Machatý non parlava italiano, e presumibilmente nemmeno il suo direttore della fotografia, Václav Vích, destinato a una brillante carriera in Italia. Questo non facilitò la comunicazione con la troupe. Inoltre, stando alle testimonianze, il regista ceco assumeva pose d'artista, alternando sprazzi di euforia a momenti di ira o distante melanconia. Stando alla successiva dichiarazione del direttore di produzione, G.V. Sampieri, i costi di produzione raddoppiarono e la lavorazione superò di venticinque giorni il tempo prestabilito. Inoltre, Machatý era pronto a una nuova esperienza hollywoodiana: prima di aver concluso il montaggio del film, nel settembre del 1936 si trasferì in California insieme alla moglie Maria Ray, con un contratto per la Metro Goldywn Mayer. Ballerine fu presentato alla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia con un montaggio approntato dalla produzione, presumibilmente distante dalle intenzioni del regista: il risultato fu un fiasco. Nel tentativo di dare maggiore efficacia alla pellicola, la produzione ritirò il film e approntò un nuovo montaggio, giudicato dai recensori ancor meno riuscito. Ballerine fu a lungo considerato un incidente di percorso nella storia del cinema italiano, e nella vicenda artistica del suo regista, destinata a una malinconica dissolvenza al nero prima a Hollywood, poi in Germania. Eppure, Ballerine è un'opera imperfetta ricca di fascino, caratteristica del cinema d'arte europeo nel periodo tra le due guerre mondiali. Il film combina i due registri prediletti dal regista, il melodramma e il comico. Il riferimento all'ambiente dello spettacolo e ai dispositivi fotografici manifesta una ossessione per la messa in scena e la riproduzione della realtà caratteristica della riflessività del cinema del primo sonoro. Ballerine esemplifica una produzione cosmopolita, come già Seduzione o Estasi pochi anni addietro: lo stile d'autore internazionale. Un cinema i cui protagonisti si muovono in scenari e luoghi internazionali – grand hotel, teatri, località vacanziere e treni lussuosi e a lunga percorrenza... -, pronti a salpare le ancore per Oltreoceano. Un cinema caratterizzato da un'enorme ricchezza visiva, espressa da soluzioni di montaggio originali, movimenti di macchina da presa complessi, un'illuminazione contrastata e chiaroscurale, e dal tentativo di manifestare attraverso il punto di vista della macchina da presa l'individualità di un autore – non a caso, i personaggi di Ballerine sono spesso inquadrati da angolazioni ardite, o attraverso composizioni visive complesse. Il rischio maggiore di questo stile, condiviso da molti dei maggiori registi del cinema europeo tra muto e sonoro, è evidente: il predominio del frammento sul disegno complessivo. Fu esattamente quanto venne rimproverato dagli osservatori a Machatý, come ben riassunse Jacopo Comin: “Un'opera che, presa a brani, sequenza per sequenza, quadro per quadro, ha caratteri e valori interessanti, ma che poi, nell'insieme, manca di unità, di costruzione, di armonia.” Ma questo aspetto frammentario, disorganico, rapsodico era forse, inavvertitamente, il vero tocco di un cineasta e di un'epoca destinate presto a essere travolte. Francesco Pitassio

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